domenica 25 febbraio 2007

Anaxtasia, con la x



Va bene, è che capita di rado di poter essere sicuri di stare soli soletti per un bel po’ di tempo, così quelle poche occasioni vanno sfruttate altrimenti si vive nel rimpianto e si vive una vita infelice limitandosi a seghe fugaci. Così ieri pomeriggio appena mi sono reso conto che avrei avuto un’oretta tutta per me ho intuito che era il mio momento e ho lasciato cadere tutto quello che stavo facendo, ho addirittura spento il cellulare per non rischiare minimamente di essere disturbato, ho preparato il divano stendendoci sopra la federa sporca di un cuscino, ho preso il pacchettino di dvd pirata dal nascondiglio che so solo io e ho acceso il lettore e la tv fingendo anche con me stesso di voler soltanto vedere Chi vuol essere milionario, perché non si sa mai. Invece ho messo dentro il lettore il dvd che contiene la mia scena preferita, in realtà è tutto il dvd che il mio preferito ed è il mio preferito in quanto è in costume, ora che esistano i porno in costume sembra un paradosso ma è proprio così, infatti una delle cose che mi arrapa di più e veder cadere abiti d’epoca, settecenteschi o ottocenteschi tutt’al più, anche perché i corpi nudi sono tutti uguali mentre i corpi mezzi nudi sono estremamente diversi l’uno dall’altro, un seno scoperto fa un diverso effetto sotto una vestaglia o sopra un corsetto, tanto per dire. Allora ho messo su questo dvd che si chiama Anaxtasia, con la x, che è ambientato durante la rivoluzione russa, e che è pregevole per tre motivi, il primo è che all’inizio mette tante di quelle immagini di repertorio storico che a uno sembra di star guardando un documentario e si dimentica che in realtà è un porno, così la prima scena di nudo coglie di sorpresa anche il più incallito pornomane come me, il secondo motivo è che per quanto la trama sia pretenziosa i personaggi sono ben delineati soprattutto riguardo a quello interpretato da Milly D’Abbraccio, l’ex fidanzata di Sgarbi che nella circostanza fa la parte di una virago un po’ tardona il cui unico passatempo è scoparsi a due a due ufficiali e marinai. Ma soprattutto, ed è non solo il terzo motivo ma quello che per me è il più importante, Anaxtasia con la x è il mio film preferito perché c’è una scena geniale con Erika Bella, forse la pornostar più dolce che ci sia, ogni tanto mi capita di star su di notte a sentirla dire porcate col suo italiano incerto mentre si spoglia su Diva Futura Channel, perché è incredibile, così bassina e rotondetta, coi capelli ricci che le scendono fino alle spalle e questo seno importante, accogliente, perfetto, dai capezzoli rosei e macchiato soltanto da un neo proprio nel solco mediano e divisorio, e poi ha questo faccino da porca, non solo a voler azzardare una stima di tutte le scene porno che ha girato appare manifesto che Erika Bella predilige l’anale senza tanti complimenti, ma più che altro mi stupisce sempre l’idea che tutte queste scene siano state girate con la faccia dipinta in un’espressione di piena soddisfazione, nulla a che vedere con tante pornostar fredde freddissime che quando lo fanno sembra che piuttosto stiano andando in metropolitana e che attendano tempi migliori, lei no, lei quando si piega e si contorce e si spalanca e urla lancia certe occhiate verso il fortunato intento a scoparsela che trapassano da un parte all’altra il poveraccio che come me è costretto a guardarsela, sembra che dica continuamente che ne vuole ancora e che non le basta mai. Carina, serena, sorridente e volgare fino al punto giusto, Erika Bella era la scelta ideale per la scena più importante di Anaxtasia con la x, quella che ho visto e rivisto tante volte che se controllo bene avrò solcato il dvd, quella che quando vedo il film lascio sempre per ultima anche se viene per seconda e quella a cui penso per consolarmi quando vado a letto con questa o quella ragazza poco soddisfacente. Insomma c’è questa scena geniale in cui due fidanzatini vengono sorpresi mentre fanno porcherie in un parco dello zar e vengono mandati immantinente dal ministro della morale pubblica, e manco a dirlo il ministro della morale pubblica è Bob Malone, vecchia conoscenza di noialtri pornomani, faccia da boss mafioso e cazzo più che nodoso, il quale ministro Bob Malone costringe la lei della coppietta a fargli vedere cosa faceva al fidanzatino, per vedere se costituisce reato, dice proprio così, per vedere se costituisce reato. Allora ecco che Erika Bella si abbassa, vestita con un meraviglioso abito color panna attillato e belle époque, e fa vedere al signor ministro come lo prendeva in bocca al suo fidanzato, se non che il ministro non è contento perché non capisce bene se la cosa costituisce reato e preferisce toccare con mano, quindi entra in scena il già citato cazzo nodoso di Bob Malone il quale si sostituisce a quello del fidanzatino nella bocca di Erika Bella, che dapprima è perplessa poi prende a succhiare di buona lena guardandosi il ministro coi suoi occhi da innamorata universale, se non che la stessa Erika Bella è tutt’altro che ingenerosa e ritiene opportuno già che c’è tornare a prendere in bocca il cazzo del fidanzatino mentre masturba il signor ministro per poi succhiare il cazzo del signor ministro mentre masturba il fidanzatino e così via finché Malone stesso non la interrompe per chiedere al delatore se la coppietta si era limitata al pompino, che piacevole quantunque è pur sempre poca roba e probabilmente si sottintende che non costituisce reato. Macché, interloquisce il relatore, dopo di che il fidanzatino aveva fatto inchinare Erika Bella e le aveva alzato da dietro il vestito color panna per infilarla alla pecorina, ma il signor ministro sulle prime non capisce e chiede al fidanzatino una dimostrazione pratica che, nonostante la perplessità iniziale, Erika Bella è ben felice di offrire col culo all’aria, ma come sempre il signor ministro sa che gli occhi possono ingannarsi e quindi ritiene più opportuno far scansare il fidanzatino coglione e sostituirsi a lui anche nella fichetta protesa di Erika Bella, la quale sulle prime patisce il colpo del cazzo nodoso ma poi inizia l’andirivieni tutta soddisfatta dalla consapevolezza che il cazzo del signor ministro è decisamente più grosso di quello del fidanzatino, prova ne sia che il fidanzatino scompare sullo sfondo impegnato a compilare moduli su moduli per la denuncia del delatore mentre Bob Malone ritiene opportuno portarsi Erika Bella sul canapé per scoparsela con maggior comodità, tanto che quando il fidanzatino piagnucoloso li vede e lamenta, ma che le sta facendo, il delatore lo zittisce dicendogli di non disturbare il signor ministro, non lo vedi che sta constatando? Infatti il signor ministro sta constatando il fondo della fica di Erika Bella, che giace di profilo sul canapé e ha slacciato il vestitino color crema per mettere in mostra le sue divine tette ballonzolanti, i capezzoli rosati e il neo sul solco divisorio mentre il ministro senza frapporre indugio estrae il cazzo dalla fica ormai un po’ arrossata, perché insomma esperta quantunque scoparsi Bob Malone dev’essere pur sempre una faticaccia, e lo infila più nodoso che mai nel buco più stretto, nel culo che come ho già detto evidentemente Erika Bella preferisce di gran lunga, e infatti si sente distintamente che lo sballonzolamento delle tette e lo scuotimento dei riccioli e i mugolii vaccini si fanno più veri, più penetranti man mano che il cazzo di Malone le sparisce nelle budella e il fidanzatino in lacrime firma i moduli che ha compilato fino ad allora e che vengono consegnati al signor ministro dalla stessa Erika Bella, in ginocchio davanti a lui implorante e e con la lingua fuori mentre il ministro vidima la pratica sborrando sui fogli posati sulle tette scoperte di Erika Bella che lo guarda ancora una volta come se ne fosse innamorata dall’eternità mentre io non ho saputo resistere né contenermi e mi affanno a pulire il pavimento dal mio sperma prima che torni qualcuno e la mia pace finisca.

domenica 18 febbraio 2007

Germania - Portogallo 3-1

All’inizio di quest’estate, durante i mondiali di calcio, stavo da un paio di mesi con Barbara. Aveva venticinque anni, un corpo asciutto in cui il poco seno era compensato da un culo sodo in maniera impertinente. Faceva un sacco di palestra. Diceva di avere un culo da maschio, anzi da ragazzino, ma non mi sono mai posto il problema: mi piaceva, glielo accarezzavo mentre chiacchieravamo, glielo stringevo quando ci baciavamo e, se si metteva a leggere un libro nuda sul letto a pancia in giù, arrivavo quatto quatto e glielo mordicchiavo foderando i denti con le labbra.
Se mi piacessero soltanto le donne (o le ragazze), sarei un maniaco sessuale; ma mi piace particolarmente anche il calcio e quindi mi ritengo più normale di quel che potrei credere a prima vista, per certi versi mi ritengo più italiano medio. Per fortuna Barbara – che pure causava altri problemi dei quali non voglio parlare – aveva di bello due cose: la disponibilità a far sesso in qualsiasi istante glielo chiedessi (alle volte anzi ero io a rifiutare, perché alla lunga ci si stanca) e il preciso intento di non rifiutare quando volevo andare al pub a vedere le partite; anzi, visto che c’erano i mondiali, di tanto in tanto ne approfittava per accompagnarmi. Altrimenti mi spediva lì con un bacetto.
La sera di sabato 8 giugno, ad esempio, non sapevamo che fare e, pensa che ti ripensa, mi ricordo che c’era la finale per il terzo posto: eravamo talmente concentrati su Italia-Francia che ce n’eravamo dimenticati. Serata persa per serata persa, tanto valeva fare un salto al pub, prendere una birretta, guardare la partita e darci qualche bacio nel quarto d’ora d’intervallo (era una nostra abitudine: ce ne scappavamo sul retro del pub e limonavamo come due adolescentelli; poi tornavamo dai nostri amici come se niente fosse). Le chiesi se il progettino le andesse bene. “Mi va bene”, rispose. “E poi stanotte voglio il tuo culo.” “Lo avrai.”
Eravamo talmente rilassati che avevamo insistito perché venisse con noi un’amica comune, per Barbara quasi una sorellina. Sia chiaro, con l’amica non sarebbe successo niente perché sia io sia Barbara, per quanto sessuomani, non avremmo mai nemmeno minimamente pensato a coinvolgerla nei nostri giochi. Insomma, era una serata in tutta innocenza, e la presenza della comune amica stava lì a provarlo.Però io non potevo togliermi di mente la promessa strappata a Barbara: il suo culetto, che lei continuava a trovare troppo maschile per i suoi gusti, non l’avevo ancora conquistato. Mi ero limitato, di scopata in scopata, prima a carezzarne i contorni del buchino, poi a infilare un dito esplorativo, quindi (quando eravamo proprio in confidenza) a metterle sempre il cazzo davanti e due dita dietro. D’altra parte, quando ancora ci conoscevamo relativamente poco, le avevo chiesto come le piaceva venire e Barbara aveva risposto: “Dipende dall’orgasmo...se è clitorideo... se è vaginale... anale...”, e aveva lasciato il discorso in sospeso. La fantasia mi aveva preso subito e un pomeriggio per passare il tempo mi ero limitato a masturbarla proprio lì: lei nuda a quattro zampe e io completamente vestito, con aria quasi annoiata. Con mia somma sorpresa, era venuta senza nemmeno toccarsi davanti. Alle volte mi sorprendeva, infatti, alle volte mi faceva paura; ma era la mia ragazza, e finché ho potuto ho fatto bene a tenermela.
Insomma eravamo nel pub a guardare la partita e in men che non si dica la Germania vinceva 2-0. Eravamo praticamente gli unici clienti perché era ancora molto presto, invece della telecronaca diffondevano una musichetta soffusa, la comune amica e io ridacchiavamo commentando la pettinatura dell’arbitro mentre Barbara si rollava una sigaretta.
A dire il vero avevo provato a sodomizzarla, piuttosto maldestramente in verità, la prima notte in cui andammo a letto insieme. Meglio ancora, più che provarci gliel’avevo chiesto, visto che mi pareva estremamente collaborativa. Aveva sgranato gli occhi e mi aveva risposto: “Il culo? La prima notte? Magari poi non vorrai nemmeno sposarmi.” L’aveva buttata lì come battuta e s’era messa a ridere, però mi era parso il caso di lasciar cadere l’argomento fino a che non fosse tornato a galla da solo. O fino a che non glielo proposi come diversivo per il dopopartita: per questo mi stupì, ancora una volta, la naturalezza con cui accettò.
Era una cara ragazza Barbara: intelligentissima, alle volte un po’ ingenua, piena di vitalità ma senz’alcuna manualità pratica. Tanto per dire, mentre si rollava una sigaretta due volte su tre la faceva cadere. La Germania faceva polpette del Portogallo e la sigaretta mezza chiusa cadde. Con un balzo felino (aveva un po’ della gatta, in effetti) Barbara si piegò sotto il tavolo per riprenderla ma, già che c’era, mi posò una mano sul cazzo. Lì, con la comune amica a mezzo passo di distanza! Feci finta di niente mentre mi dette una stretta. Poi riemerse e mi guardò dritto nel fondo degli occhi.Io disinvoltamente mi voltai verso la comune amica e le indicai un giovane centrocampista tedesco. “È giovanissimo, è molto bravo, sentirai ancora parlare di lui.” “E ci credo”, risponde l’amica, “ha già segnato due volte stasera, ma stai guardando la partita o no?”. La stavo guardando, ovviamente, ma tutto si era cancellato al momento della stretta; perché, al minimo contatto del cavallo dei miei pantaloni col palmo della mano di Barbara, si cancellò ogni interesse per il calcio e vidi quello che mi avrebbe aspettato di notte. Vidi i baci. Vidi i vestiti lasciati cadere. Le mutandine tirate giù coi denti. La sua lingua sui miei capezzoli. Io e Barbara completamente nudi. Lei che mi dice: “Ti ho fatto una promessa, vero?”. Io che le premo dolcemente la faccia sul cuscino. Lei che sporge il culo verso di me chiedendomi ancora una volta se non lo trovo un po’ maschile. Io che le spremo sul palmo della mano un po’ della sua crema contro il freddo. Lei che ride e voltandosi di tre quarti me la spalma sul cazzo duro. Io che esploro il suo buco con un dito, con due, con tre. “Ora basta giocare, lo voglio dentro”. Vidi me che spingevo, vidi il culo di Barbara inghiottirmi e tenermi per sé, mentre lei mi sedeva di fianco, l’amica ordinava un’altra birra media e il Portogallo riduceva le distanze.

venerdì 16 febbraio 2007

Buonanotte, amore.

Ti guardo dormire accanto a me.

Osservo quella fronte liscia, ampia, che mi piace accarezzare con un polpastrello, da tempia a tempia; quel deciso accenno di barba, che da sempre mi solletica mento e collo quando mi baci, crepita come carta velina. Mi stupisce la scoperta di piccoli fili bianchi, i primi da quando ci conosciamo. La linea greca del tuo naso la conosco fin nei minimi particolari: le mie dita l'hanno seguita milioni di volte per poi scendere dalle narici alle guance e poi alle rughe d'espressione vicino alla tua bocca.

Succhio l'indice per poi passarlo sulle mie labbra e sulle tue. Morbide entrambe, sottili. Le forzo per sentire i denti e la lingua ed esco di nuovo, lasciando una scia di lumaca sulle gote, lungo il collo.
Non voglio baciarti. Non voglio svegliarti. Voglio solo osservarti, toccarti leggera come non si può nella fretta dei giorni, quando ci sfioriamo appena senza il ricordo del contatto.
Mi eccita saperti addormentato, indifeso. Posso esplorarti, usare i sensi per sentirti nella penombra della stanza, come un cieco che ricostruisce un corpo o un oggetto mescolando tatto e memoria.

La mia mano aperta è sul tuo torace. La tenerezza lascia velocemente il passo al desiderio. Mi inumidisco le labbra, golosa. Vorrei alzare le lenzuola, piegare la testa e baciarti la pancia, le gambe, il membro. Sarebbero piccoli baci delicati, prima, più urgenti, poi.
Tu respiri tranquillo. Rimani immobile, vittima inconsapevole delle mie peregrinazioni notturne.

Indugio ancora. Vorrei toccarti l'asta, la immagino tenera, vulnerabile, quieta parte del riposo del suo padrone. Con un dito ne traccio i contorni lungo l'attaccatura delle gambe. Tu nel sonno divarichi leggermente le cosce, mi faciliti l'impresa.
Sei bello da toccare. Morbido e duro, resistente e cedevole al tempo stesso.
Mi faccio coraggio e seguendo il suono del tuo respiro appoggio la mano sul tuo sesso.

E' inaspettatamente acciaio e fuoco.
Adesso ti voglio. Potrei salire su di te, sorprenderti e prenderti, lasciarti entrare dentro di me con la precisione di una lama, decidere io sola i ritmi e i tempi di questo balletto, stringerti fra le gambe e lasciarti svegliare sbalordito nel flash dell'orgasmo.

E poi mi tocco. Le cosce aperte, spalancate. Sei un fantasma nella mia mente. Un riassunto di fantasie e scopate violente. Sento il tuo odore, la tua erezione.
Mi tocco immaginandoti, moltiplicandoti per due, per quattro, per mille. Mi sforzo di non fare rumore ma il piacere cresce, gonfia il mio sesso come il tuo, le labbra aperte e umide, pronte per un tuo bacio immaginario. Vengo. Tremo. Soffoco i respiri sempre più veloci, mi manca il fiato.

Adesso riprenderei quel lento viaggio sul tuo corpo, percorrendolo all'inverso per finire sulla tua fronte liscia, ampia. Sarebbe ancora più dolce toccarti il viso mentre il ventre gode ancora.

Mi giro di fianco e mi accorgo di tenerti ancora stretto. Nella foga del piacere le mie dita si sono chiuse su di te come una morsa involontaria. E adesso lui scalpita e pulsa e finalmente esplode e trabocca nella mia mano.

Alzo il lenzuolo, chino la testa e lo bacio, leggera.

Buonanotte, amore.

giovedì 8 febbraio 2007

Un'apparizione all'alba

L’erezione del mattino può decidere di intere giornate. Come oggi, ad esempio, a mattina quasi finita e trascorsa a lavorare con più fatica del solito, cercando di non ascoltare i richiami della carne né quelli, più altolocati ma non meno porci, del cervello. A cercare di lasciar passare le ore sciogliendo nel lavoro un desiderio che pare accumulato da secoli. Eppure è bastato non masturbarsi per qualche giorno.
È bastato non masturbarmi per qualche giorno e stanotte devo aver ricevuto delle visite in sogno, perché stamattina prima ancora che suonassero le sei e mezza ero sveglio con gli occhi sbarrati e una testa d’idra fra le gambe, che non voleva saperne di farmi continuare a dormire né - al contrario - di iniziare la giornata per tempo, come se un giorno non fosse uguale all’altro. Come se fosse presente nel buio della camera vedevo distintamente un’amica che non vedo da un po’ ora che ci penso, più giovane di qualche anno, felicemente fidanzata, caschetto biondo e occhioni verdi. Cercando di non toccarmi per non sprecare nel letto il piacere accumulato con giorni di astinenza (dalle mie stesse carni) ho riletto mentalmente il suo ultimo messaggino (per Natale, qualcosa con dentro se passi da queste parti fammi sapere, e non voleva essere una provocazione, né ha la minima intenzione di saltarmi addosso, né può immaginare che anche solo per sfiorarle la pelle sarei pronto a farmi dare fior di mazzate dal suo ragazzo) e soprattutto mi è apparso il nostro ultimo incontro. D’estate. A casa sua. Alle tre de pomeriggio.
Un caldo cane, entrambi seduti al tavolo della cucina mentre una delle sue sconosciute coinquiline studiava in camera con la musica piuttosto alta. Io in camicia azzurra che finivo di bere il caffè che mi aveva invitato a prendere e che controllavo che non mi restassero addosso aloni del sudore che irrefrenabile mi imperlava la fronte. Lei che pareva non farci caso e spezzava del cioccolato fondente 70%, senza estrarlo dalla confezione, e mi sorrideva e mi parlava degli ultimi esami e dei nuovi locali e dei programmi che guardava in tv. Io che cercavo di non fissare il punto in cui la sua maglietta bianca (con la scritta Praga di traverso, probabilmente un regalo di suo fratello, da quanto mi aveva raccontato negli anni precedenti) si tendeva per la pressione del seno, d’avorio come il resto della sua pelle, pieno, esagerato, vaccino. Lei che si ficcava un quadratino di cioccolato fra i denti, sublime contrasto di avorio ed ebano, e lo spezzava aiutandosi col dorso della mano. Io che non la ascoltavo più anche se continuava a parlarmi, io che ricordavo quando per ridere le avevo chiesto se bella com’era il suo ragazzo l’avesse mai fotografata nuda. Invece di fare la scandalizzata aveva risposto: “Sì, insomma…” come se non facessero altro dalla mattina alla sera, o non appena avessero un po’ di tempo libero.
E dopo aver inghiottito la cioccolata fatta a pezzi mi parlava e mi parlava mentre io cercavo di immaginare come dovessero essere queste foto, dove potevano essere nascoste,magari in uno dei cassetti della stessa cucina in cui eravamo o forse nella sua cameretta, era un posto più sicuro. Sognavo le sue pose. La vedevo muoversi davanti a me allora, offrendomi il seno finalmente scoperto, con gli occhioni verdi che mi chiedevano colpevoli: “Come, non ti piacciono le mie tette?”
Così l’ho rivista stamattina, dalle sei e mezza alle sette e un quarto; così mi ha perseguitato e tentato e implorato di segarmi in memoria dei suoi occhi e delle sue tette e dei quadratini di cioccolato fondente. Io ho resistito, perché non bisogna darla vinta alle ragazze diaboliche, soprattutto se stanno con un altro da anni, soprattutto se quest’altro le fotografa nude, soprattutto se loro ignorano del tutto che tu hai bevuto il loro caffè a cazzo duro, e che a cazzo duro le hai viste diventare ologrammi di carne squarciando la tua notte e rovinandoti con niente, con il loro solo esistere, un’intera giornata di lavoro. Si chiama Elena.

venerdì 2 febbraio 2007

Due parole per presentarci

Eccoci qui: Diavolo è un maschietto, Acquasanta una femminuccia.

Diavolo è più giovane di Acquasanta, ma Acquasanta sembra più giovane di Diavolo. Diavolo vive a sud, Acquasanta vive a nord. E poi - che altro? - Diavolo ama la pornografia, Acquasanta preferisce l’erotismo.Diavolo e Acquasanta hanno deciso di giocare insieme perché tutti potessero leggere i loro giochi.

Questo blog sarà la nostra scatola segreta, nella quale verremo a rifugiarci dopo una giornata andata male, o quando saremo più contenti del solito, o magari soltanto perché ne abbiamo voglia; e speriamo di trovare tanti occhi che ci guardino.